Cosa? Le fate non sono sempre esistite?
La fata è apparsa, con questo preciso nome, nel XII secolo. In un’epoca in cui la fede cristiana sembrava più ardente. Con loro arrivò tutto un mondo precristiano di incantatori, cavalieri impareggiabili, foreste e isole incantate, lande piene di incantesimi maligni, giganti orrendi, draghi scintillanti e spade magiche. La loro natura e il loro ruolo li rendono eredi dei messaggeri dell’Altro Mondo nei racconti dell’antica Irlanda.
È vero che le donne soprannaturali o divine esistono in ogni cultura. Ma le fate hanno origine nell’Occidente medievale e, sebbene abitino nell’Aldilà, si interessano molto alle vicende dei mortali. La funzione principale di queste belle signore è infatti quella di dirigere i destini degli uomini. Possono amare e odiare, proteggere, sposare, dare ricchezza o figli a coloro che hanno scelto.
Non sono divinità onnipotenti: tutte le fate hanno poteri, ma nessuna li possiede tutti. Hanno anche bisogno degli esseri umani. Vengono da loro per chiedere aiuto, amore e talvolta figli, che rubano o mettono al mondo dopo aver sposato gli uomini più belli e coraggiosi.
Che cos’è una fata? Missione quasi impossibile. Sono una miscela di diverse figure mitiche. Né dea, né ninfa, né driade, sono tutte e tre. Provocano, dirigono e concludono la vita, come le Parche romane o le Moire greche. Ma hanno anche ereditato il ruolo delle triadi divine celtiche, il cui culto è da tempo vivo e vegeto nelle nostre terre.
La parola fata
Le fate sono di origine celtica, ma il loro nome deriva da fata, che ha la stessa radice di fatum, che significa “destino”. La parola è stata usata per la prima volta sia come sostantivo che come aggettivo. Nella sua forma originale (fae), si riferisce a tutto ciò che sembra essere dotato di un’essenza soprannaturale, come un albero, un castello, un cavallo o un cavaliere. Ma la fata ha avuto la meglio e ben presto l’aggettivo e poi il sostantivo si sono riferiti solo a lei.
Ed ecco la fata madrina e la sua bacchetta!
Nell’Italia del XVI secolo si diffuse una nuova moda per le fiabe, racconti per soli adulti. Il Seicento francese ne prende il posto. Con o senza donne soprannaturali, le fiabe divennero e rimasero fiabe. È l’epoca della fata madrina e della comparsa della bacchetta magica.
Madame d’Aulnoy, Catherine Bernard e la Comtesse d’Aulneuil scrissero fiabe, ma fu Perrault che, nel 1695, divenne il principale autore del genere. Nel XVIII secolo, Suzanne Barbot de Villeneuve e Madame Leprince de Beaumont utilizzarono le fiabe per educare i giovani alla moralità. Le loro opere si diffusero nella borghesia e nelle campagne. Nel giro di due generazioni, le fiabe “letterarie” tornarono ad essere “popolari” e le loro origini furono dimenticate.
Con o senza ali?
Come siamo passati dalle fate del Medioevo, così simili agli esseri umani, alle piccole fate alate, minuscole e vibranti anime della natura? Una piccola deviazione in Gran Bretagna…
Nell’Inghilterra del XVI secolo, Shakespeare le miniaturizzò e mise loro le ali. Si ispirò alle tradizioni popolari e alle divinità classiche. Dopo di lui, e per molto tempo ancora, le fate assomiglieranno a Mab o Titania, i folletti evocheranno Puck e Oberon regnerà sul paese delle fate. Questo aspetto meraviglioso si tinge di razionalizzazione. Le ali smentiscono il potere che le fate avevano di volare naturalmente. Le ali sono diventate un ibrido tra uomo e insetto e le loro dimensioni ridotte le hanno rese meno potenti e meno desiderabili. Nel XIX secolo, nel Regno Unito apparvero numerose immagini di queste fate in miniatura. Il fenomeno noto come “fairy painting” era di gran moda. Le illustrazioni contemporanee di fate traggono ancora oggi gran parte della loro ispirazione e dei loro codici da questa “età dell’oro” della pittura di fate. Per quanto riguarda il costume delle fate, dopo un lungo periodo nel XVIII secolo, ancora molto popolare al di là dell’Atlantico, si sta tornando all’ispirazione celtico-medievale…